Ogni occasione è buona per Confindustria per rilanciare la malsana idea di riscrivere le regole contrattuali nei rapporti di lavoro. Il cambio di guardia alla guida di Viale dell’Astronomia, che ha portato l’uscita di Luca Cordero di Montezemolo e Matteo Colaninno e l’ascesa di Emma Marcegaglia e Federica Guidi al timone rispettivamente di Confindustria e dei suoi giovani imprenditori, non sembra aver ridisegnato la strategia dell’associazione, sempre decisa a scardinare l’impianto contrattuale nei rapporti di lavoro. “C’è una mutazione genetica in corso soprattutto nelle medie e anche piccole imprese italiane abituate a essere multilocalizzate per quanto riguarda la produzione, internazionalizzate”, ha detto ieri il nuovo presidente dei giovani di Confindustria, Federica Guidi, rispondendo alla trasmissione “Panorama del giorno” di Maurizio Belpietro. Per il successore di Matteo Colaninno, ormai in forza al Pd alla Camera, le aziende dello Stivale hanno infatti bisogno “di un modello” contrattuale “diverso” nella relazioni industriali, da lei ritenuto “datato” perché basato “sullo Statuto dei lavoratori”. La sua logica è chiara: “c’è una discrasia fenomenale nei tempi e nel modo di stare sul mercato delle aziende” e l’attuale “modello contrattuale” che, evidentemente, per la Guidi deve gravare sui lavoratori. “La cosa migliore - ha detto - sarebbe immaginare un modello che dia realmente la possibilità ad ogni imprenditore, ad ogni collaboratore di impostare un rapporto che si basi sulle vere capacità di flessibilità, di meritocrazia”. Un sistema che dia a tutti la possibilità “di gestire il proprio rapporto contrattuale”, divenendo “un po’ imprenditore di se stessi”. Un sistema che farebbe ricadere parte del rischio di impresa, cioè quello del risultato economico dell’attività intrapresa che per il codice civile spetta all’imprenditore, sui lavoratori. Consapevole del fatto che i sindacato hanno ormai da tempo abdicato al loro ruolo di tutela dei lavoratori, il nuovo presidente di Confindustria ha aggiunto che così non si metterebbe “da parte il sindacato” come alcuni credono ma che ciò che conta è “andare verso un modello più aderente” alla capacità dei singoli di lavorare, produrre ricchezza, essere disponibili e flessibili in un mondo che cambia.Il tentativo di sfruttare maggiormente il lavoro straordinario e indebolire lavoratori e sindacato, a ben vedere, è un obiettivo perseguito dagli imprenditori fin dagli anni ’70 quando i datori di lavoro delle industrie si scontravano con i disoccupati. Oggi però la composizione del Parlamento è significativamente mutata: nessun partito può ritenersi immune alle pressioni di Confindustria, come conferma la presenza di noti imprenditori tra le file degli eletti nei principali partiti. Di contro i sindacati arrancano fuori delle Aule legislative, sospinti dai venti di un finto riformismo dilagante. Il grigio destino dei lavoratori è ormai scritto.
martedì 6 maggio 2008
Iscriviti a:
Post (Atom)